Interconnettere Taranto e Brindisi per contrattare sviluppo aggiuntivo al Sud

Nel suo messaggio di fine anno il Presidente Sergio Mattarella ha esaltato la capacità del popolo italiano nel fronteggiare l’ultimo, difficile decennio di crisi non negando le molteplici persistenti difficoltà ma anche le grandissime potenzialità dell’Italia nel contesto internazionale.

Non ha taciuto, sulle marginalità persistenti nel Mezzogiorno ed ha esortato la politica a porvi rimedio con una visione di futuro condivisa e partecipata con i corpi sociali intermedi in quanto organismi e attori primari di rappresentanza sociale della partecipazione diffusa e democratica.

In precedenza, nei vari riferimenti della conferenza stampa di fine anno del presidente del Consiglio Giuseppe Conte c’era stata anche Taranto, per il caso exIlva ma anche per la salvaguardia del sistema siderurgico ionico al servizio della manifattura industriale italiana per il rilancio dello sviluppo più in generale.

Di riflesso, noi includiamo Brindisi in particolare sui versanti della salvaguardia del sistema industriale e sui relativi prossimi processi di decarbonizzazione, sulla qualità della vita che la vede classificata tra gli ultimi capoluoghi, sulle sofferenze infrastrutturali  ma anche su quello delle tante eccellenze produttive che rendono questa parte di Sud, molto competitiva sui versanti della ricerca, della farmaceutica, dell’avio spazio, della portualità.

Al contempo, la visita del premier Giuseppe Conte a Taranto il 24 u.s. nel corso della quale ha incontrato i lavoratori del siderurgico per il relativo scambio degli auguri natalizi di fatto ancora una volta, ha lasciato il territorio come in sospeso.

Domande senza risposte sono state rivolte al presidente Conte da dipendenti diretti, dell’appalto e dell’indotto di ArcelorMittal, come le preoccupazioni circa il futuro e l’effettiva volontà di rilancio produttivo dello stabilimento, la sorte indefinita dei dipendenti collocati in Amministrazione Straordinaria e in Cig, le bonifiche, i dubbi e le difficoltà circa l’effettiva possibilità di potersi curare adeguatamente con appropriatezza nel territorio ionico.

Il ridimensionamento del sistema produttivo del sito ArcelorMittal metterebbe a rischio futuro produttivo e occupazionale dell’intero stabilimento e del sistema manifatturiero industriale nazionale e graverebbe non solo su Taranto ma anche su Brindisi in maniera pesante sia per addetti (diretti-appalto/indotto) ma anche per le imprese brindisine coinvolte.

La vertenza ArcelorMittal è stata aggravata ancor di più, a nostro giudizio, dalla negata partecipazione, fino ad oggi alla trattativa Governo-impresa, delle organizzazioni sindacali.

Occorre ristabilire immediatamente un confronto serrato tra le parti, includendo le OO.SS.,  partendo dall’accordo di settembre 2018, nel quale non erano previsti esuberi, con un piano industriale e ambientale che messi insiemi totalizzavano ben oltre 2 miliardi di investimenti.

La produzione italiana dell’acciaio di qualità con gli stabilimenti exIlva deve essere rilanciata contestualmente garantendo lavoro, sostenibilità ambientale, salute e sicurezza interna ed esterna alle fabbriche, correlando in maniera imprescindibile il tutto con ricerca e innovazione, perché questo è nell’interesse di tutto il Paese.

Servono subito, scelte coraggiose e adeguate, percorsi di condivisione concreti tra parti sociali, Governo e Azienda e l’urgente messa a punto di un progetto industriale sostenibile e occupazionale condiviso.

Vi è inoltre, la necessità  di un rilancio del Contratto Istituzionale di Sviluppo per l’area di crisi di Taranto (Cis), fermo da circa un anno e mezzo, paradossalmente proprio da quando è Conte il presidente del consiglio e che dispone di oltre un miliardo di euro.

E’ da apprezzare, invece, la volontà e la novità di un possibile e prossimo Decreto cd. “Cantiere Taranto” a condizione però che, preveda risorse aggiuntive, destinate non a pioggia ma mirate a sviluppo, ricerca, università, bonifiche, cultura, riqualificazione ambientale, pubblica amministrazione e sia corroborato necessariamente, vista la drammaticità occupazionale da una clausola di protezione locale del lavoro, a valere per lavoratori ed imprese, essendo Taranto anche area di crisi industriale complessa.

Per quanto attiene a Brindisi, occorre altrettanta attenzione nazionale e regionale, in quanto realtà che per mille motivi – economici, produttivi, sociali, logistici, infrastrutturali – si intreccia facilmente e compatibilmente con Taranto e viceversa.

Come si fa a non prendere analogamente atto delle forti criticità e vertenze territoriali ai bisogni, di un’area che si estende oltre il capoluogo rispetto ai quali si osserva una disarticolazione nei rapporti, tra quelli che dovrebbero essere i soggetti della concertazione per assumere forma e slancio nel confronto con il Governo sui temi dello sviluppo e del welfare?

Insomma, Taranto e Brindisi sono sistemi territoriali interconnessi più di quanto, in generale, si voglia credere e proprio per questo andrebbe data coerenza e ricercata unità sulle cose da fare.

I buoni auspici da molti prefigurati per il 2020 vengano fatti propri dal Governo e dai parlamentari ionici e brindisini, sia di maggioranza che di opposizione, perché tutti indistintamente lavorino d’intesa con le parti sociali, che rappresentano decine di migliaia di persone su queste aree, per raggiungere obiettivi comuni.

Obiettivi finalizzati a nuove opportunità,  attraverso investimenti infrastrutturali materiali ed immateriali, che devono necessariamente servire ad aprire cantieri e creare nuovi posti di lavoro.

Con le manifestazioni nazionali di Cisl Cgil Uil, dello scorso dicembre alle quali abbiamo partecipato numerosi, il movimento sindacale confederale ha chiesto a gran voce che si esca dalla stagnazione economica, premendo sull’acceleratore delle cose da fare; a partire dalle opere infrastrutturali già finanziate, specie quelle da realizzare del Mezzogiorno, nonché dalla politica industriale del Paese, dall’occupazione per i giovani e dalle condizioni favorevoli da creare perché gli stessi giovani possano studiare e lavorare al Sud.

Non c’è altro tempo da perdere.

Occorre agire tutti, insieme, per il bene delle nostre terre e del Paese intero.

                                                                                                     Antonio Castellucci

04 gennaio 2020

 

 

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